Nel suo articolo su ChessCafè.com, pubblicato oggi, Mark Dvoretskij ci dice come la pensa sui metodi di studio e allenamento per scacchisti ambiziosi che vogliano migliorare. Lo fa dall’alto dei numerosi successi sportivi dei suoi allievi. Oggi, infatti, è uno degli allenatori di scacchi più quotati. Dvoretskij ha in mente giocatori di livello magistrale (ben oltre i 2000 punti elo) tendenzialmente giovani e con buone potenzialità di crescita scacchistica. Ma alcune considerazioni sono utili, secondo me, anche per chi voglia allenare di giovani agonisti “normali”. Quelli che ancora studiano al circolo, per intendersi.
Cosa ci dice Dvoretskij nel suo articolo?
non serve concentrare troppo lo studio sulle aperture. Conoscerle è sì indispensabile, ma non se il tempo loro dedicato sovrasta quello destinato al miglioramento e all’allenamento nel mediogioco e nel finale, che sono più importanti.
La conoscenza scacchistica è importante e non è vero che oltre un certo livello, cresce di poco, perché anche i grandi maestri commettono molti errori, alcuni di livello elementare, nel mediogioco e nel finale. Quindi, se anche i GM hanno ancora molto da imparare, chi è ad un livello inferiore ha tanto da studiare.
Citando Rowson (da Chess for Zebras), Dvoretskij ci dice che acquisire abilità (skill) è più importante che acquisire conoscenza. Da ciò il corollario che l’esercizio di analisi di posizioni e partite fa migliorare molto di più rispetto allo studio.
Perciò il ruolo dell’allenatore / istruttore, oltre ad analizzare il gioco dell’allievo per individuarne i punti di debolezza, è quello di trovare situazioni (posizioni) scacchistiche da analizzare a fondo per poi sottoporle all’allievo nelle sedute di allenamento. Ovviamente l’allenatore deve proporre all’allievo quelle posizioni e situazioni che lo aiutano a sviluppare le competenze e le abilità in cui è più carente.
Infine un cenno ad una cosa che Dvoretskij mette all’inizio dell’articolo. Citando Botvinnik, egli sottolinea l’importanza della preparazione psico-fisica.
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Grande Mark, concordo in tutto ma vorrei aggiungere una cosa sulle aperture. Personalmente credo che andrebbero studiate “giocando” nel senso che dopo aver imparato a memoria la variante principale capendo le idee strategiche e tattiche generali e quelle dietro OGNI mossa, le sotto-varianti e le varie sfumature andrebbero studiate in sessione di analisi. Chiaramente le trappole vanno ricordate (è brutto terminare una partita dopo dieci mosse). Ho notato che i testi sulle aperture danno il meglio se usati come testo di referenza e non come testi da studiare sistematicamente come si fa con il finale o il mediogioco. Oltretutto basandosi sulle proprie partite le varianti si ricordano molto più facilmente piuttosto che studiarle da zero senza averle mai viste. Voi che ne pensate?
[…] Mark Dvoretsky, Opinioni controcorrente (Controversial Thoughts) Anche questo testo è già disponibile in internet, in due articoli comparsi sul sito Chesscafe.com, nelle puntate di dicembre 2007 e gennaio 2008 della rubrica di Dvoretsky. Ho riferito del primo di questi due contributi in un post di dicembre (qui). […]
sono d’accordo con Dvoreskij lo studio dei finali e del mediogioco sono piu’ importanti delle aperture, ma attenzione a formarsi un repertorio ben preciso ed esteso ( ma non troppo).
Ma la cosa più importante degli scacchi è avere un buon allenatore e Dvoreskij è forse il migliore.
Maximilian I